lunedì 27 luglio 2015

IL CASO DE BENEDETTI, DI MAURIZIO D'ANGELO

IL CASO DE BENEDETTI.
CARI LETTORI, VI PROPONGO UNA RINFRESCATA MNEMONICA SU UN PERSONAGGIO A DIR POCO “INTERESSANTE”. E GUARDATE BENE CHE IO PERSONALMENTE NON CE L’HO CON LUI; SEMMAI ME LA PRENDO CON CHI L’HA SEMPRE SALVATO NONOSTANTE TUTTO QUELLO CHE E’ VENUTO FUORI SU DI LUI, ANCHE PER MERITO DI SUE CONFESSIONI PERSONALI. AVETE GIA’ CAPITO CHE PARLO DELLA INSUPERABILE MAGISTRATURA ITALIANA, DELLA INSUPERABILE SINISTRA DEMAGOGICA E DELL’INSUPERABILE GIORNALISMO DI SINISTRA.
IL PRIMO POST RICALCA BREVEMENTE QUELLO CHE E’ SUCCESSO CON IL CASO SME E TANGENTOPOLI. IL SECONDO ED IL TERZO VANNO AD ANALIZZARE PIU’ A FONDO LA SOCIETA’ ENERGETICA “SORGENIA” DELL’INGEGNERE, CONTROLLATA DALLA CIR. HO TRALASCIATO
DIVERSE ALTRE VICENDE, COME L’OLIVETTI E IL CASO DELL’INQUINAMENTO DA AMIANTO PERCHE’ SENNO’ FACEVAMO NOTTE, MA, SE LO DESIDERATE, POSSO POSTARE DEGLI ULTERIORI APPROFONDIMENTI.
BUONA LETTURA: DITEMI LE VOSTRE IMPRESSIONI, SOPRATTUTTO SU QUESTO: SE BERLUSCONI AVESSE COMBINATO LA META’ DI QUESTE AZIONI, RITENETE CHE AVREBBE AVUTO LO STESSO TRATTAMENTO? SONO GRADITE RISPOSTE NON IDEOLOGICHE O DA TROLL DEL WEB PLEASE. INOLTRE MI PIACEREBBE ANCHE SAPERE COSA NE PENSA MARINELLA VENEGONI DEL TERZO ARTICOLO DI DAGOSPIA, DAL MOMENTO CHE LO STESSO DAGOSPIA ERA STATO LA FONTE PER IL SUO ARTICOLO SU DE GREGORIO/BERLUSCONI, PER IL QUALE L’HO CONTESTATA. PRENDE DA LI’ QUELLO CHE CONFERMA DI PIU’ LA PROPRIA IDEA POLITICA O LE PIACE TUTTO IL SITO TOUT COURT?
IN REALTA’ STO FACENDO UNA PROVOCAZIONE SOLO PER DIMOSTRARE CHE I GIORNALI O I SITI DI “MERDA” COME VORREBBE FAR CREDERE QUALCUNO NON ESISTONO. TANTO E’ VERO CHE IO PRENDO MOLTI ARTICOLI E IDEE DA MARCO TRAVAGLIO, DA CUI SONO SEMPRE STATO LONTANISSIMO, SIA PER LE IDEE CHE PER IL METODO. ESISTONO INVECE LINEE EDITORIALI DIVERSE ANCHE NELLO STESSO GIORNALE, E POSIZIONI IN CUI POSSONO RITROVARSI PERSONE CHE ANELANO ALLA VERITA’ E NON SOLO ALLA PROPAGANDA. CHI HA ORECCHIE INTENDA.
1 - Una piccola rinfrescata su De Benedetti: Il caso SME, TANGENTOPOLI, LA SVIZZERA
IL CASO SME
Il 29 aprile 1985  Romano Prodi, in qualità di presidente dell'IRI, e Carlo De Benedetti in qualità di presidente della Buitoni, stipularono un accordo preliminare per la vendita del pacchetto di maggioranza, 64,36% del capitale sociale, della SME, finanziaria del settore agro-alimentare dell'IRI, per 497 miliardi di lire. Il consiglio di amministrazione dell'IRI, del quale solo il comitato di presidenza era già informato della trattativa, approvò il 7 maggio. Il governo richiese una verifica sull'opportunità dell'operazione e Bettino Craxi dichiarò: "Se ciò che ci viene proposto risulterà un buon affare lo faremo. Se no, no". Si poneva quindi un problema di valutazione economica e sociale. Il 24 maggio (la scadenza per l'entrata in vigore dell'accordo, già prorogata dal 10 maggio, era prevista per il 28) l'IRI ricevette dallo studio legale dell'Avv. Italo Scalera un'offerta per 550 miliardi (10% in più dell'offerta Buitoni, il minimo per rilanciare); l'offerta non indicava i nomi dei mandanti, che sarebbero apparsi solo al momento della eventuale stipula, e l'avvocato Scalera, dopo quella prima e unica lettera, non ebbe più contatti con l'IRI.
Poco prima della mezzanotte del 28 maggio, data di scadenza dei termini, arrivò un'offerta via telex di 600 miliardi (altro rilancio minimo del 10%), apparentemente più vantaggiosa, da una cordata, la IAR (Industrie Alimentari Riunite) composta da Barilla, Ferrero, Fininvest, a cui successivamente si sarebbe aggiunta Conserve Italia, lega di cooperative "bianche". Di seguito arrivarono ulteriori offerte ma il governo non diede la prevista autorizzazione alla vendita a nessuno dei potenziali compratori e decise di mantenere la SME in ambito pubblico. Contro questa decisione De Benedetti citò l'IRI davanti al tribunale di Roma. Sia in primo sia in secondo grado, però, i giudici non accolsero le tesi della Buitoni.
La SME fu successivamente venduta ma non in blocco. Dalla vendita separata di solo alcune delle società del Gruppo, si ricavò più del doppio rispetto a quanto offerto solo alcuni anni prima da De Benedetti.
DOVER CONSTATARE CHE FU CRAXI A FARE RISPARMIARE CENTINAIA DI MILIARDI ALLO STATO DOVREBBE FAR RIFLETTERE DI BRUTTO SUI GIUDIZI DATI SINO AD ORA CONTRO CRAXI E PRO DE BENEDETTI
TANGENTOPOLI
Nel 1993, in piena bufera Tangentopoli, Carlo De Benedetti presentò al pool di Mani Pulite un memoriale in cui si assunse la responsabilità di tutte le vicende di cui era al corrente e di quelle di cui non era al corrente. Nessun altro dirigente di Olivetti fu oggetto di provvedimenti della Magistratura. In particolare, De Benedetti ammise di aver pagato tangenti per 10 miliardi di lire ai partiti di governo e funzionali all'ottenimento di una commessa dalle Poste Italiane. Su iniziativa della Procura di Roma, fu arrestato e liberato nella stessa giornata per poi essere assolto da alcune accuse e prescritto da altre.
È SEMPLICEMENTE FANTASTICO COME SE LA SIA CAVATA CON UN NULLA DI FATTO. GRANDI PROCURE D'ITALIA!
LA CITTADINANZA SVIZZERA
Dal 2009 ha acquisito anche la cittadinanza svizzera. Ha giustificato questa scelta con motivi affettivi, dichiarando di voler comunque continuare a pagare le tasse in Italia. Ha però ricevuto pesanti accuse, da parte di alcuni organi di stampa di aver fatto questa scelta per motivi fiscali. A tali bn accuse l'Ingegnere ha ribattuto di aver sempre pagato le tasse in Italia.

2 - PADRONI E DOBLONI – SALLUSTI: “CON SORGENIA I DE BENEDETTI MOLLANO 1,8 MILIARDI DI BUCO ALLE BANCHE, MENTRE SU RAI WAY BERLUSCONI VUOLE IMMETTERE 1,2 MILIARDI NEL SISTEMA PAESE”
Alessandro Sallusti per “il Giornale”

Il quotidiano La Repubblica - editore Carlo De Benedetti - è in prima linea a difendere la magistratura dalla riforma, vista come fumo negli occhi dalle toghe che temono di perdere i loro privilegi. Diciamo che, quantomeno, la simpatia è ricambiata. Ieri il tribunale di Milano ha infatti dato il via libera al salvataggio di Sorgenia, azienda energetica controllata dalla Cir, cassaforte della famiglia De Benedetti.

In dieci anni Sorgenia aveva accumulato debiti per 1,8 miliardi ma continuava a operare grazie alle maniche larghe delle banche e a non pochi contributi dello Stato. Vista la malaparata, De Benedetti ha deciso di disfarsi del pesante fardello. Per la magistratura è giusto che lui non sborsi neppure un euro dei quasi due miliardi, che finiranno tutti sul groppone delle banche creditrici (che anche per questo non hanno soldi a sufficienza da prestare a noi comuni mortali per il mutuo o per ossigenare le piccole aziende).

Il grande imprenditore De Benedetti aggiunge un altro anello alla sua già lunga catena di fallimenti. Ma ancora una volta non pagherà dazio, nel silenzio assoluto di quella classe politica e di quei tromboni del giornalismo che in queste ore si stanno stracciando le vesti perché un altro imprenditore, Silvio Berlusconi, 1,2 miliardi suoi vuole immetterli, non sottrarli, nel sistema Paese (l'offerta per acquisire Rai Way).

Vòltala come vuoi, questo Paese - pesantemente condizionato e manipolato da questa sinistra - resta profondamente statalista. Neppure Renzi, che a parole fa il moderno, riesce a togliersi di dosso quella patina di socialismo che condanna l'Italia alla sua arretratezza e alla sua inefficienza.

È statalista Renzi, che con uno schiocco di dita potrebbe far confluire nelle casse pubbliche i soldi di Berlusconi e rilanciare le infrastrutture delle telecomunicazioni. Sono statalisti i giornaloni che si affidano a caste dello Stato (vedi i magistrati) per proteggere i loro editori. Sono statalisti pure i presunti capitalisti alla De Benedetti che - come fecero gli Agnelli e la Fiat pre Marchionne - scaricano su di noi i debiti e portano in Svizzera gli utili
A chi affidereste i vostri risparmi e il vostro futuro? Ai Berlusconi o ai De Benedetti? A chi investe denaro vero o a chi non paga i debiti e la fa franca? Questa è la differenza tra destra e sinistra. Purtroppo offuscata dalle baggianate e dalle liti da pollaio dei partiti che le rappresentano.

3. SORGENIA O L'ENERGIA DEL CREDITO ALLE FAMIGLIE. ANZI, A UNA SOLA FAMIGLIA. IL GRUPPO DEI DE BENEDETTI E DI VERBUND HA ACCUMULATO UN DEBITO MONSTRE DI 1,75 MILIARDI. EPPURE I SUOI PROFITTI SONO OSCILLATI TRA I 100 E I 190 MILIONI. A QUALE IMPRESA NORMALE VERREBBERO CONCESSI PRESTITI PER 15 VOLTE L'UTILE OPERATIVO LORDO?
TRA LE BANCHE IMPANTANATE CON SORGENIA SONO FINITE ANCHE TRE POPOLARI. QUELLE CHE RACCONTANO DI ESSERE "VICINE AL TERRITORIO E ALLE PICCOLE IMPRESE”. QUANDO UN IMPRENDITORE SI RECA NELLA FILIALE DI UNA POPOLARE, A VERONA O A BRESCIA, OTTIENE FINANZIAMENTI QUASI PARI AL FATTURATO? PER DECINE E DECINE DI MILIONI?
UNO STUDIO RIVELA CHE I CREDITI SOTTO I 500 MILA EURO, CHE SONO IL CUORE DELL’OPERATIVITÀ PER PMI E FAMIGLIE, GENERANO APPENA IL 4,8% DELLE SOFFERENZE. INSOMMA, CONVENGONO. MA LE BANCHE PREFERISCONO LIGRESTi, ZALESKI E COMPAGNIA
E' proprio vero che più debiti hai e più ti prestano soldi. Se non altro per tenerti a galla. Se poi hai azionisti dal nome altisonante e bene introdotti, il gioco è ancora più facile. Sorgenia è una serissima holding alla testa di un gruppo nel settore dell'energia, controllata dalla CIR della famiglia De Benedetti e dagli austriaci di Verbund. Fon dall'inizio, il Monte dei Paschi di Siena ritenne utile avere e - tuttora detenere - un 1,2% del capitale. Per vicinanza forse di tipo democratico.
Ora Sorgenia non se la passa troppo bene e vediamo perchè.
Nel bilancio 2012, il gruppo ha registrato ricavi per circa 2,57 miliardi di euro, che però davano un utile operativo lordo "Ebitda" (cioè ante svalutazioni e ammortamenti) di appena 101 milioni.
E questo non per una congiuntura negativa o sfortunata, da addebitare tutto alla crisi. Dal 2000 ad oggi, come si può vedere dal vecchio business plan 2011-2016 (consultabile sul sito Sorgenia), l'Ebitda non è mai andato oltre i 190 milioni del 2008, 110 nel 2009, 164 nel 2010. Ed erano già picchi positivi!
Un po' pochini, come profitti, per sostenere un debito bancario elevatissimo da sempre, pari a circa 1,75 miliardi.

Il business plan 2011-2016 redatto il 28 febbraio 2011 già dichiarava un debito di 2,2 miliardi (a fine 2010) che nel 2016 sarebbe calato a 1,17 miliardi.
I ricavi avrebbero dovuto nel frattempo salire dai 2,66 miliardi del bilancio 2010 a 4,79 miliardi nel 2016. Mentre l'Ebitda, da 164 milioni del 2010 doveva crescere a 746 nel 2016.
La trimestrale a fine settembre 2013, rispetto ad un debito monstre che resta a 1,75 miliardi, riporta invece dati operativi completamente diversi. Fra il drammatico ed il faceto: solo 1,7 miliardi di ricavi in 9 mesi 2013 (altro che i 3,9 miliardi su base annua 2013 indicati meno di due anni fa nel piano) e risultato operativo lordo di 116 milioni che diventano perdita netta di 434.
Perché faceto? Perché in meno di due anni il management ha evidentemente registrato un fallimento previsionale e gestionale non comune.
Quanto sopra non sembri sterile pignoleria da contabili. Perché i numeri sono davvero colossali e il gruppo CIR che prima li pianifica sulle slides, a febbraio 2011, e poi li produce molto diversi, non è certo noto per la propria modestia manageriale e imprenditoriale.
Naturalmente si potrebbero meglio analizzare e comprendere varie ragioni di mercato, imprevisti, operazioni straordinarie. Non si entra qui nel dettaglio del piano industriale.
Dagospia non odia certo il capitale e rispetta la libera impresa, e comunque in questo scenario di crisi irridere un'impresa in difficoltà non sarebbe né intelligente né elegante. Ma quando l'impresa è fatta con soldi altrui - tanti soldi altrui - si impongono alcune riflessioni.
Perché, ad esempio, "Milano Finanza" di sabato ricorda che un gruppetto di banche si ripartisce il debito SORGENIA: Intesasanpaolo, Unicredit, Mediobanca, alcuni grandi istituti esteri e almeno tre banche popolari (Banco popolare, Ubi e Popolare dell'Etruria). Ad esse Sorgenia chiederà sicuramente un "riscadenziamento" e uno stralcio. Mesi di negoziati, advisor in campo. Solite liturgie.
Si preparano quindi nuove perdite e nuove sofferenze per le banche, che in realtà pagheranno altri.
E poi si continua a parlare di credit crunch, di sofferenze che imballano il sistema, di ratios patrimoniali che impedirebbero le nuove erogazioni, ma di cosa si sta discutendo veramente?
A questo punto è anche lecito domandare: ma le popolari non erano banche del territorio, vicine alle PMI ed alle famiglie? Alla Famiglia De Benedetti, verrebbe da dire guardando Sorgenia.
Quando un imprenditore si reca nella filiale di una popolare, a Verona o a Brescia, ottiene finanziamenti quasi pari al fatturato? Per decine e decine di milioni?
Se avete una piccola e normale impresa, per ogni 100 mila euro di ebitda vi lasciano indebitare per 15 volte tanto?
Una recente indagine di Unimpresa rivela che le operazioni creditizie singole di importo sotto i 500 mila euro, che dovrebbero essere il cuore dell'operatività per PMI e famiglie, genera appena il 4,8% delle sofferenze. Insomma, convengono. Ma le banche preferiscono i Ligrestos, gli Zaleski, Alitalia e compagnia cantante.
Le banche italiane - e soprattutto le popolari - dovrebbero spiegare quante sofferenze nei loro conti sono dovute in realtà ai grandi e assurdi finanziamenti a pochi gruppi fortunati (le famiglie più famiglie di altre), e le dovrebbe scorporare in una grande bad bank, liberando capitale per le imprese normali. Sarebbe ora di farlo.

Fonte: "Dagospia"

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