martedì 3 marzo 2015

PER NON DIMENTICARE.....L'EX MINISTRO KIENGE, A CURA DI MAURIZIO D'ANGELO

PER NON DIMENTICARE
Libero: “L’associazione Dawa e le cene a pagamento della ministra Kyenge. "Ministro, ci può dare delucidazioni sulla fine che hanno fatto i soldi raccolti x l'ospedale mai costruito nel Congo?". Risposta del Ministro: "Io non parla, io non capisce. E' sbagliada anche la domanda. Io avere molto da fare x miei amici non idaliani".

ROMA – “La sagra dello scaricabarile” la definisce Libero, le  raccolte fondi di Dawa, l’associazione a conduzione quasi famigliare fondata dal ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge e diretta dalla stessa sino all’aprile, si sono trasformate in sagre, “sagre dello scaricabarile” (il volontariato della Kyenge: cene a 100 dollari, ambulatori fantasma).
Tutto inizia domenica scorsa (10 novembre) quando Libero pubblica le accuse e i sospetti di alcuni ex volontari su una missione in Congo del 2007, organizzata da Kyenge e a cui parteciparono 12 persone, tra medici e infermieri. Adesso nessuno risponde alle accuse di Libero, secondo alcune testimonianze raccolte dal giornale di Belpietro “l’attività dell’associazione si sarebbe esaurita in cene

e visite a pagamento nel Paese africano”.
Ecco l’articolo di Libero:
Un dubbio ci assale: perché nessuno vuole parlare della missione di quella piccola comitiva che volò a Lubumbashi e, da qui, risalì sino al villaggio dove Kikoko Kyenge, padre del ministro, è capotribù? Mistero. L’unica certezza è che secondo alcuni partecipanti quel viaggio sarebbe stato un disastro.

«Eravamo partiti pensando di andare ad avviare un nuovo poliambulatorio e invece ci siamo trovati di fronte a un disastro sia organizzativo che igienico» ha spiegato a Libero Manuela P., una delle infermiere ingaggiate per l’impresa da Kyenge. Oggi la donna di quella trasferta ricorda solo la sporcizia in cui venivano fatte partorire le donne, all’interno di un disastrato locale di proprietà dei Kyenge. In quei giorni il ministro scese in veste di medico oculista e secondo alcuni testimoni avrebbe chiesto la parcella ai pazienti. «Non si devono abituare ad avere tutto gratis» si sarebbe giustificata. Però adesso su quella vecchia storia e sulle critiche dei suoi compagni di viaggio preferisce sorvolare. «Non è accettabile una risposta puerile come quella che Kyenge ha dato ai giornalisti» protesta Zeffirino Irali, il consigliere comunale di Progetto Reggio che ha raccolto le testimonianza rilanciate da Libero. «È come se l’essere diventato ministro la esonerasse dal dare risposte ai cittadini sui suoi comportamenti del passato. Ma non è così. Non può glissare sui punti oscuri di questa vicenda.

Particolarmente scivolosa viste le testimonianze precise, dirette e circostanziate di persone che la conoscono personalmente da anni e che hanno collaborato con lei con entusiasmo». Il consigliere Irali è davvero battagliero: «Non è possibile che non si possa sapere dalla sua viva voce che fine abbiano fatto i fondi raccolti per un ospedale e se quella struttura sia stata realizzata o meno. Anche perché la sua associazione ha realizzato in Italia diverse cene di finanziamento: è così assurdo chiedere di sapere a che cosa sia servito quel denaro?».
Irali annuncia infine che non si fermerà sino a quando non avrà avuto le risposte che cerca: «Le onlus come Dawa possono incassare il 5 per mille e i versamenti agevolati dalle imprese. Però non hanno obbligo di presentare bilanci o rendiconti economici e nessuno controlla niente. Per questo la mia indagine non si ferma qui».

Caro ex Ministro io spero che qualcuno prima o poi la arresti per FURTO, altro che integrazione e tolleranza. Gli italiani sono strastufi di razzisti e magna magna come lei.

9 commenti:

  1. A quando le note su berlusconi, bossi, belsito, minetti, tangenti, lauree comprate, soldi rubati e donne affittate?

    RispondiElimina
  2. Ridacci il Gabibbo, l'omino Michelin, il ballo del qua qua, qualunque cosa, va bene anche una pagina bianca, ma basta col commentatore unico del Blog.

    RispondiElimina
  3. Eh, cosa vuoi, 4 gatti virulenti si fanno sentire più di 40 lettori silenziosi e attenti. Poi discuto di tutto ma non sui teoremi giudiziari costruiti sul nulla e rimasti impuniti sino ad ora. Fate un contraddittorio nei fatti e non solo su tesi ideologiche

    RispondiElimina
  4. Allora iniziamo a discutere dei 4 anni di reclusione comminati a berlusconi per frode fiscale nel processo mediaset.
    Ricordiamo che i 7 milioni di tasse frodate da Berlusconi li abbiamo pagati noi.

    RispondiElimina
  5. e perché non parliamo di De Luca PD candidato alla regione Campania e condannato con sentenza di primo grado per cui si vuol chiedere l'annullamento delle legge Severino....

    Enea

    RispondiElimina
  6. Bravo. Qui si vede la mancanza di onestà intellettuale di Bersani secondo cui la Severino per Berlusconi andava applicata e basta, mentre per quelli di sinistra "contiene delle rigidità che andrebbero corrette". IPOCRITA. Vendola non è da meno,: Berlusconi con un avviso di garanzia si doveva dimettere, mentre lo stesso concetto non vale per lui.
    P.S. - Ho preparato, su grande richiesta, un Post sulla condanna di Berlusconi x frode fiscale con annesse considerazioni sulle deviazioni della Magistratura...appena il Blogger lo vuole inserire...

    RispondiElimina
  7. Peccato che in tanti altri casi il "NON POTEVA NON SAPERE" non era valido. Vedi quel farabutto di Greganti salvato dai magistrati di Mani Pulite e poi riapparso dopo oltre 20 anni per gli appalti truccati dell'Expo Milano. 2 pesi e 2 misure: anche questi sbagli DOLOSI li paghiamo tutti noi. Adesso fortunatamente è cambiata la solfa e i Magistrati militanti e indaffarati solo a sodomizzare Berlusconi (senza vaselina e con la sabbia) cominceranno (forse) a rendere conto di queste azioni che hanno poi fatto in modo che non si facessero le vere inchieste che hanno portato il Paese sull'orlo del disastro. E i Magistrati hanno una grave responsabilità in tutto ciò.

    Alcune anomalie nel Processo d'Appello.
    A sorpresa, il procedimento è andato a sentenza mentre era ancora pendente il giudizio della Corte costituzionale su un conflitto di attribuzioni con la Camera: la presidenza di Montecitorio si era rivolta alla Consulta dopo che il tribunale di Milano, nel marzo 2010, aveva rifiutato il rinvio di una delle udienze nonostante che Berlusconi, all'epoca presidente del Consiglio, fosse impegnato in attività di governo.
    È rarissimo che un tribunale emetta sentenza mentre la Consulta deve ancora decidere su un passaggio del procedimento e anzi è prassi consolidata che i giudici, in attesa di una decisione che riguarda il processo da parte della Corte costituzionale, si fermino a un passo dalla sentenza. Così non ha fatto la corte della prima sezione penale di Milano, guidata da Edoardo D’Avossa.
    Anche perché la prescrizione era praticamente dietro l’angolo. Questa scelta ha scatenato furiose polemiche.

    Così come un’altra anomalia: il giudice D’Avossa ha letto il dispositivo con le motivazioni contestuali.
    Di solito queste ultime vengono pubblicate almeno un mese dopo la pronuncia della sentenza.
    L’inchiesta era nata otto anni fa come stralcio dall'indagine sulla All Iberian, a sua volta avviata nel 2001, e si è basata su complesse indagini su alcune società estere. Secondo l’accusa, sui conti di queste società si sarebbe trovata traccia di fondi neri «distratti su conti bancari in Svizzera, Bahamas e Montecarlo [...] nella disponibilità degli indagati [...] e gestiti da fiduciari di Berlusconi».
    Il sovrapprezzo sull’acquisto in Italia dei diritti di film americani avveniva, secondo l'ipotesi accusatoria, in modo illegale: Mediaset non li comprava direttamente, ma attraverso alcune società offshore (la Century One e la Universal One, oppure la Wiltshire Trading e la Harmony Gold) che a loro volta li cedevano ad altre società, facendo lievitare il prezzo a ogni passaggio. La differenza tra il valore reale e quello finale avrebbe consentito a Mediaset di realizzare fondi «neri».
    In questo modo, per l’accusa, Berlusconi avrebbe evaso tasse per 7,3 milioni di euro.
    (Risposta 1 di 3)

    RispondiElimina
  8. PROFETA DI (S)VENTURA
    Marco Ventura

    È lo strapotere delle toghe la vera anomalia italiana
    Con la condanna di Berlusconi la magistratura condiziona il nostro futuro politico. Con sentenze spesso smentite dal successivo grado di giudizio. Nel 1994, la divulgazione a mezzo stampa (non tramite messo giudiziario) di un avviso di garanzia all’allora neo-presidente del Consiglio, lanciato sui quotidiani mentre Berlusconi presiedeva a Napoli un vertice internazionale sulla criminalità, provocò il disimpegno della Lega dalla maggioranza e la caduta di un governo che prometteva la “rivoluzione liberale”.
    All’epoca il centrodestra era animato da ottime intenzioni e dall’entusiasmo di un nuovo inizio. Forse si sarebbe potuta avviare una stagione di riforme che non è stato più possibile, o non si è stati più capaci, di realizzare negli anni successivi. Berlusconi molto (troppo) tempo dopo, risultò innocente in quella vicenda. Ma intanto era cambiata la storia d’Italia. Da allora, il Cavaliere è stato al centro di un numero spropositato di inchieste, intercettazioni, violazioni della privacy e del segreto istruttorio, interrogatori e processi.

    Difficilmente l’attenzione riservatagli può esser considerata normale.
    È piuttosto evidente che nei suoi confronti c’è stato un accanimento. In più occasioni abbiamo assistito a un’ingiusta applicazione di due pesi e due misure.
    Insomma ha pesato sulla vita della Repubblica il controverso esercizio del potere giudiziario. Che incide sulla vita delle persone come su quella dei governi. Con un’anomalia enorme sanata da poco: la loro impunità di fatto, dal punto di vista giudiziario e disciplinare, per gravi negligenze e uso strumentale del codice penale.
    Se un ingegnere sbaglia i calcoli di un ponte e il ponte crolla, l’ingegnere finisce nei guai. Rischia il carcere. Lo stesso vale per il medico che sbaglia diagnosi, il chirurgo che incide male, il poliziotto che spara senza una vera necessità, il giornalista che non verifica le fonti e diffama, il funzionario che omette o ritarda il controllo sulla stabilità di un edificio e l’edificio crolla…

    Vige un principio generale di responsabilità professionale che nel caso di funzionari dello Stato è reso ancora più stringente dalla funzione pubblica. Naturalmente, quando succede qualcosa che impone la ricerca delle colpe interviene la magistratura, non un giurì privato. Perché è ovvio che se l’ingegnere fosse giudicato da altri ingegneri, il medico da medici, il poliziotto da poliziotti, il funzionario pubblico dai colleghi di scrivania, andrebbe in fumo la garanzia stessa di una corretto giudizio. L’interesse corporativo minerebbe alla radice la possibilità di individuare le colpe e emettere un verdetto imparziale. Ebbene, questo principio valeva per tutte le categorie tranne che per i magistrati. Che erano più uguali degli altri. Più autonomi e totalmente fuori da qualsiasi controllo democratico. Arroccati nella difesa corporativa che tutela non l’indipendenza, ma il privilegio di giudicare se stessi. Con il risultato che non rispondevano dei propri errori e nei rari casi in cui questi vengono accertati pagava lo Stato.

    E siccome poi l’uomo non è buono per natura, ma ogni individuo in qualsiasi posizione (tanto più in quelle elevate) è tentato dal potere, non si può escludere che singoli magistrati protetti dalla corporazione possano avere utilizzato la toga per realizzare un ideale politico, una vendetta personale, un disegno di potere individuale o collettivo. Già di per sé questa è una potenziale minaccia per la democrazia, se non c’è il contrappeso dell’obiettività di giudizio e della relativa sanzione.
    In Paesi come la Francia la magistratura è soggetta a maggiori controlli anche da parte della politica (che se non è degenerata anch’essa, in teoria rappresenta la comunità dei cittadini), mentre negli Stati Uniti i giudici sono scelti dai cittadini e fanno testo i precedenti giudizi, secondo una tradizione che è insieme democratica e pragmatica. In Italia, invece, la casta della magistratura ha potuto temere solo se stessa.
    (Risposta 2 di 3)

    RispondiElimina
  9. Silvio Berlusconi e la frode fiscale: il Tribunale di Strasburgo ammette il ricorso dell'ex Premier

    Dopo l'assoluzione nel processo Ruby, è arrivata un'altra buona notizia per Silvio Berlusconi. Questa volta sul fronte della condanna per il processo Mediaset. La Corte europea dei Diritti dell'uomo ha "ammesso" il ricorso di Berlusconi post condanna per frode fiscale (4 anni) del 2 agosto 2013 da cui è derivato tutto il resto: servizi sociali, decadenza dalla carica di senatore, incandidabilità per cinque anni, interdizione penale dai pubblici uffici per due anni, estromissione da ogni carica rappresentativa e onorifica, il divieto di candidarsi in ogni tipo di elezione.
    Nella missiva si comunicava che "quanto prima possibile" sarà decisa la fissazione del procedimento avviato da "Berlusconi Silvio per violazione ripetuta dei principi cardine del giusto processo". Non è un verdetto ma la Corte spiega che sono "degne" di valutazione quelle che nel corso del dibattimento sulla cosiddetta compravendita dei diritti tv sono state, secondo i legali di Berlusconi, "violazioni ripetute dei diritti dell'imputato".

    Cosa può cambiare - La comunicazione della Corte arriva soprattutto alla luce di quello che è accaduto il 9 luglio scorso quando la Corte d'Appello di Milano ha assolto in un processo gemello Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi e altri sette manager. L’impostazione dell'accusa si fondava sullo stesso presupposto del processo finito invece con la condanna di Silvio. Ma per Confalonieri e Berlusconi jr. la Corte ha dato ragione alle difese. Forti, quindi, anche di un'assoluzione per gli stessi fatti, i legali di Berlusconi pretendono che la Cedu valuti se ci sia stata violazione dei diritti della difesa nel procedimento che ha condannato l'ex Cavaliere. Se fossero, infatti, riconosciute le violazioni di cui Berlusconi si dichiara vittima, sarebbe annullata la sentenza di condanna e automaticamente l'ex Cavaliere tornerebbe titolare di tutti i suoi diritti. Attivi e passivi. Potrebbe votare e, soprattutto, candidarsi ed essere votato. Il tutto in un arco di tempo che ragionevolmente potrebbe coincidere con la prossima primavera.
    (Risposta 3 di 3)

    RispondiElimina